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L'ISOLA DISABITATA

di Niccolò Jommelli

 

Regia,  MARIANO BAUDUIN

Costumi MARIANNA CARBONE

Scene DARIO GESSATI

Direttore RINALDO ALESSANDRINI

 

 

Teatro San Carlo di Napoli - Celebrazioni jommelliane 2015

 

Rappresentata a Ludwigsburg nel 1761, L’Isola disabitata ha goduto di splendida fama, in quanto è stato un soggetto posto in musica da svariati compositori settecenteschi, ottocenteschi e perfino di inizio Novecento.

La forma di “Azione Teatrale” ovvero Festino in musica la solleva dalle stucchevoli caratteristiche di Opera seria ridondante di elementi idilliaci o ambientazioni auliche; si tratta, invece, del racconto di un naufragio e di un ritrovamento, ma alla base vi è il conflitto tra Natura e civiltà.

Nel libretto i personaggi sono quattro: Costanza e Silvia, sorelle naufraghe, Gernando ed Enrico, che ne cercano le tracce.

Metastasio scrisse quest’Azione teatrale nel 1752 per la Real Corte cattolica di Vienna. E, l’azione racconta dell’incontro inaspettato dei teneri sposi dopo due anni di lontananza.

Quindi si tratta di una drammaturgia in media res dove ciò che traspare sono i racconti emotivi e sentimentali, piuttosto che i fatti e gli accadimenti.

Questo elemento narrativo ha particolarmente attratto la mia attenzione drammaturgica, facendomi individuare una drammaturgia sotterranea a cui affidare l’intero progetto registico. Laddove l’abbandono e lo stato di isolamento può essere trasposto in una condizione mentale ed emotiva piuttosto che realistica; ho pensato di ambientare la vicenda sulla scogliera che soggiace ai piedi di un importantissimo palazzo napoletano, Palazzo Donn’Anna: Le origini del palazzo risalgono alla fine degli anni trenta del 1600, quando venne innalzato per la volontà di donna Anna Carafa, consorte del viceré Ramiro Núñez de Guzmán, duca di Medina de las Torres. Il progetto per la realizzazione fu commissionato al più importante architetto della città di quel periodo, Cosimo Fanzago, che nel 1642 approntò un disegno secondo i canoni del barocco napoletano che prevedesse tra le altre cose anche la realizzazione di un doppio punto d'ingresso, uno sul mare ed uno da una via carrozzabile che si estendeva lungo la costa di Posillipo (che conduce al cortile interno dell'edificio).

Matilde Serao nel suo libro “leggende napoletane” così lo descriveva: Il bigio palazzo si erge nel mare. Non è diroccato, ma non fu mai finito; non cade, non cadrà, poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le muraglie, poiché l'onda del mare non è perfida come quella dei laghi e dei fiumi, assalta ma non corrode. Le finestre alte, larghe, senza vetri, rassomigliano ad occhi senza pensiero; nei portoni dove sono scomparsi gli scalini della soglia, entra scherzando e ridendo il flutto azzurro, incrosta sulla pietra le sue conchiglie, mette l'arena nei cortili, lasciandovi la verde e lucida piantagione delle alghe. Di notte il palazzo diventa nero, intensamente nero; si serena il cielo sul suo capo, rifulgono le alte e bellissime stelle, fosforeggia il mare di Posillipo, dalle ville perdute nei boschetti escono canti malinconici d'amore e le malinconiche note del mandolino: il palazzo rimane cupo e sotto le sue volte fragoreggia l'onda marina…

 

 

Mariano Bauduin

 

 

 

 

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